Essere imprenditrice non è solo declinare al femminile la parola imprenditore. È un ruolo che porta con sé sfide specifiche, un diverso approccio al lavoro rispetto al modello patriarcale maschile e, spesso, la necessità di riscrivere regole e narrazioni che non sono mai state pensate a misura di donna.

Mentre gli ecosistemi imprenditoriali tradizionali continuano a replicare modelli gerarchici e competitivi, le donne stanno sperimentando forme alternative di leadership: più collaborative, orientate al lungo termine, attente all’impatto sociale, ambientale e di governance. Ma quanto spazio hanno davvero queste modalità di fare impresa in Italia? E cosa raccontano i dati più recenti?

I numeri chiave dell’imprenditoria femminile

Secondo Unioncamere, a fine 2024 le imprese femminili italiane sono 1.307.116, pari al 22,2% del totale. Un dato che segna un leggero calo (-1,4% rispetto al 2023), ma che resta sopra i livelli del 2014.

Dietro a questa percentuale si nasconde una realtà precisa: il 96,2% sono microimprese. Eppure, la quota di società di capitali è salita al 27%, quasi raddoppiata rispetto al 2014. Non solo: le startup a prevalenza femminile hanno un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 73,1%, superiore a quello delle imprese maschili (67,5%).

Allora la domanda è inevitabile: se le imprese guidate da donne resistono di più nel tempo, perché restano ancora marginali nel sistema economico italiano?

Dove le donne fanno più impresa

Sul piano territoriale c’è un dato che ribalta gli stereotipi: le regioni con più alto tasso di femminilizzazione sono Molise (27,2%), Basilicata (26,5%) e Abruzzo (25,3%). Proprio dove l’occupazione femminile è tradizionalmente più bassa. L’impresa, quindi, come strumento di autodeterminazione ed emancipazione.

Quanto ai settori, le imprenditrici presidiano soprattutto i servizi alla persona, il tessile e l’assistenza sociale, ma crescono anche nei comparti ad alta intensità di conoscenza: dal 2014, +27% nelle attività tecnico-scientifiche, ICT e consulenza. Segno che l’innovazione, quando incontra lo sguardo femminile, si intreccia con cura e visione a lungo termine.

Opportunità per le donne che fanno impresa

Settori ad alto potenziale

Il futuro dell’imprenditoria femminile passa da digitale, sostenibilità e turismo esperienziale. Questi settori attraggono investimenti e offrono nuove possibilità di scalabilità.

I settori più promettenti per l’imprenditoria femminile includono l’economia circolare e zero waste, il fem tech, l’agritech sostenibile e il turismo esperienziale.

Economia Circolare e Zero Waste

Le donne rappresentano il 43% delle startup nel settore dell’economia circolare e del zero waste. Qualche esempio? Sfridoo ha creato la prima piattaforma italiana per la compravendita di sottoprodotti industriali, evitando che 50.000 tonnellate di materiali finissero in discarica. Il mercato dell’economia circolare vale 4,5 miliardi in Italia con una crescita del 7% annuo.

FemTech

Il mercato globale delle tecnologie per la salute femminile vale 50 miliardi di dollari. La startup tedesca Clue ha rivoluzionato il tracking del ciclo mestruale per 12 milioni di donne, mentre in Italia Hale, fondata da Gaia Salizzoni e Vittoria Brolis, aiuta le donne con dolore genito-pelvico a trovare diagnosi e trattamenti nel minor tempo possibile. Purtroppo soltanto il 4% degli investimenti in sanità digitale va al FemTech, nonostante le donne prendano l’80% delle decisioni sanitarie familiari. È un gap di mercato enorme che le imprenditrici stanno cercando di colmare con soluzioni innovative.

AgriTech Sostenibile

Il settore AgriTech italiano vale 1,6 miliardi e le donne stanno portando innovazione soprattutto in ambiti come la  valorizzazione degli scarti e la digitalizzazione dei processi agricoli – ambiti che richiedono visione sistemica e attenzione alla sostenibilità. La presenza femminile nel settore è cresciuta dal 28% al 35% in 5 anni. 

Tra le aziende di spicco in Italia ricordiamo Bi-rex, fondata dalle ricercatrici del Politecnico Greta Colombo Dugoni e Monica Ferro, che lavora sulla trasformazione di scarti di birra, riso e agrumi in polimeri plastici per packaging sostenibile. E Agertech, piattaforma italiana che aiuta gli agricoltori a digitalizzare la gestione dell’attività agricola.

Turismo Esperienziale

Le donne guidano l’innovazione nel turismo slow e sostenibile, grazie alla loro capacità di creare connessioni autentiche tra ospiti e territorio, trasformando così il viaggio da consumo a esperienza trasformativa. 

Ad esempio, Ecobnb di Silvia Ombellini ha mappato oltre 3.000 strutture eco-sostenibili in mentre Silvia Salmeri con Destinazione Umana propone, tra le altre cose, viaggi a piedi dedicati alle donne, per trasformare ogni viaggio in crescita personale.

È interessante notare come in questi settori, le startup femminili mostrano tassi di sopravvivenza superiori alla media e maggiore capacità di attrarre investimenti impact-oriented.

La domanda, a questo punto, è: come possiamo accompagnare le imprenditrici a non fermarsi al primo ostacolo, ma a scalare in questi settori strategici?

Le sfide che restano 

Dietro i dati incoraggianti ci sono barriere note e ancora troppo pesanti. Dalla difficoltà di accesso al credito al digital divide, dalle complessità burocratiche ai carichi familiari sproporzionati, queste barriere richiedono interventi mirati e sistematici. 

  • Credito: il 76,4% delle imprese femminili si autofinanzia. Studi come quello di Yale SOM di Heather Tookes (2024), dimostrano che gli uomini vengono finanziati sul “potenziale”, le donne sui “risultati già ottenuti”. Questo bias sistemico spinge molte imprenditrici a non bussare alla porta delle banche, preferendo attendere di avere “prove sufficienti” della propria affidabilità.
  • Welfare: oltre il 56% lavora part-time in modo involontario, segno che conciliazione e maternità restano carichi quasi esclusivamente femminili.
  • Blocchi emotivi: dalla sindrome dell’impostore alla fatica di passare da professionista a leader, la dimensione psicologica è spesso la barriera più invisibile ma più forte. Molte imprenditrici descrivono il fare impresa come una montagna russa emotiva, fatta di entusiasmo e incertezza, ma anche di orgoglio per aver creato qualcosa di proprio. 
  • Digital divide: l’84,6% delle imprese femminili ha un livello basso di digitalizzazione, e il rischio è che all’AI divide ci arrivino già in svantaggio.

Questi ostacoli non sono solo problemi individuali. Sono questioni sistemiche che richiedono politiche pubbliche, reti di supporto e un cambiamento culturale radicale.

Strumenti e risorse: oltre i fondi

Finanziamenti e incentivi per startup al femminile

Il 27,3% delle imprese femminili utilizza già incentivi pubblici (superiore al 23% delle non femminili), ma molte imprenditrici si scontrano con complessità burocratiche e tempi lunghi. La differenza tra successo e fallimento spesso dipende dalla capacità di strutturare progetti che rispondano precisamente ai criteri di valutazione. Accanto ai fondi nazionali, ogni regione sviluppa ecosistemi specifici di supporto. Il microcredito fino a 35.000 euro senza garanzie può sembrare una somma modesta, ma rappresenta spesso la leva finanziaria necessaria per il primo salto di qualità. I contributi per digitalizzazione e tecnologie 4.0 diventano strategici considerando che solo il 31% delle imprese femminili investe in questo ambito. 

Gli incentivi sono importanti, ma non bastano. Perché la vera differenza la fa spesso la capacità di avere una rete, un mentoring, un confronto continuo.

Lo vediamo ogni giorno in SheFounder, il progetto di Flowerista pensato come parte integrante del nostro impegno in quanto società Benefit, per aiutare chi vuole trasformare la propria attività di freelance in un’azienda consapevole e sostenibile. 

Il programma, ideato e condotto da Sara Malaguti, combina mentoring specializzato con una community dedicata, creando un percorso strutturato per donne che scelgono di fare impresa senza dover camminare da sole. Presenteremo la prossima edizione il 4 ottobre a Milano nell’ambito della Milano Digital Week.

Insieme a noi, sul palco dell’evento ci saranno anche:
Ripples Agency un’agenzia di speaker management femminile che amplifica le voci di leader e visionarie, offrendo loro visibilità, posizionamento strategico e opportunità di public speaking per colmare il gender gap nella thought leadership.

Period Think Tank un progetto nato a fine 2020, che ha l’obiettivo di promuovere l’equità di genere attraverso un approccio femminista ai dati. Il loro lavoro sul monitoraggio del PNRR dimostra come dati e advocacy possano trasformarsi in strumenti di cambiamento concreto.

Questo ci conferma che l’impresa femminile non è mai solo un percorso individuale, ma un processo collettivo.

Risorsa utile: Sul nostro canale YouTube trovi una playlist dedicata ad aprire un’attività online nel 2025, con spunti pratici.

Prospettive future

Il futuro delle imprese femminili passa da tre priorità: digitalizzazione, ESG e accesso strategico ai fondi europei. 

  1. Digitalizzazione inclusiva: non solo adottare tecnologie, ma progettarle con prospettiva di genere, evitando che il nuovo “AI divide” replichi vecchie esclusioni.
  2. ESG come standard: le imprenditrici già oggi mettono al centro sostenibilità e impatto. È tempo che diventi regola, non eccezione.
  3. Fondi europei: accedervi in modo strategico, senza che la burocrazia scoraggi le micro e piccole imprese, significa trasformare equità di genere in crescita per il Paese.

La posta in gioco non è solo “quante” imprese femminili nasceranno, ma che tipo di impresa rappresenteranno per il futuro dell’Italia.

Conclusione

Essere imprenditrici oggi significa molto più che aprire una partita IVA o firmare un atto costitutivo. Significa ridisegnare il senso stesso dell’impresa: intrecciare resilienza, coraggio e visione con impatto sociale, culturale e ambientale.

Le donne che scelgono di fare impresa stanno scrivendo nuove regole, costruendo spazi in cui etica e cura diventano leve di innovazione. Noi lo vediamo ogni giorno nella community di SheFounder: ogni volta che una founder trova il coraggio di condividere dubbi e successi, diventa un pezzo di cambiamento collettivo.

Il prossimo passo non è aspettare il cambiamento, ma continuare a crearlo insieme. Una startup, una società benefit, una microimpresa alla volta. Perché ogni donna che sceglie di fare impresa costruisce un futuro più equo per tutta la società.

Key Takeaways

Dati chiave

  • 1.307.116 imprese femminili in Italia (22,2% del totale – Unioncamere 2024)
  • Sopravvivenza delle startup a guida femminile a 5 anni: 73,1% (vs 67,5% maschili)
  • 84,6% delle imprese femminili con basso livello di digitalizzazione

Sfide principali

  • Accesso al credito: il 76,4% delle imprese si autofinanzia
  • Sindrome dell’impostore e mancanza di modelli di riferimento
  • Tutele carenti: welfare e maternità insufficienti
  • Digital divide → rischio AI divide
  • Gender procurement inefficace: 70% bandi PNRR senza quote femminili

Prospettive future

  • Digitalizzazione inclusiva
  • Adozione dei criteri ESG come standard di mercato
  • Accesso strategico ai fondi europei 

Finanziamenti disponibili

Fonti