Negli ultimi dieci anni, l’innovazione ha smesso di essere un processo confinato dentro i reparti R&D per trasformarsi in un’attività distribuita, orizzontale e partecipativa.
Oggi il valore non si genera più attraverso modelli chiusi e verticali, ma attraverso ecosistemi aperti in cui aziende, startup, università, enti pubblici e cittadini contribuiscono, ciascuno con le proprie competenze, alla creazione di nuove soluzioni.

Questo cambio di paradigma è guidato da fattori che appartengono sia alla dimensione organizzativa che a quella umana: curiosità, creatività, visione sistemica, capacità di apprendere rapidamente, volontà di miglioramento continuo.
Innovare significa infatti adottare una mentalità che accoglie il cambiamento, favorisce l’ideazione e riconosce la sperimentazione come parte strutturale del processo. Non un’opzione, ma una condizione necessaria per operare in contesti complessi, dinamici e incerti.

L’innovazione si manifesta in molteplici settori, come impresa, scienza, tecnologia, settore pubblico, impatto sociale, e produce effetti misurabili: genera crescita economica, abilita miglioramenti nella qualità della vita, rafforza la competitività dei territori e contribuisce allo sviluppo sostenibile.
Al centro di tutto, però, rimane la stessa costante: le persone e la loro capacità di dialogare, collaborare e costruire conoscenza collettiva.

In questo scenario, il gioco, e in particolare la gamification, emerge come una leva strategica tanto inaspettata quanto efficace.
Non un elemento accessorio, ma una vera e propria infrastruttura culturale che permette alle organizzazioni di attivare i comportamenti necessari per innovare: apertura, fiducia, sperimentazione, pensiero critico, coordinamento, apprendimento continuo.

La dimensione ludica crea infatti le condizioni per superare rigidità e inerzie organizzative, ridurre le asimmetrie, generare partecipazione attiva e stimolare l’intelligenza collettiva.
È uno spazio sicuro, regolato e strutturato, in cui i team possono osservare le proprie dinamiche, esplorare alternative e co-creare nuove soluzioni con un livello di coinvolgimento difficilmente raggiungibile attraverso i metodi tradizionali.

Esploriamo insieme il tema.

Dall’Open Innovation alla cultura dell’apprendimento continuo

Cos’è l’Open Innovation e come sta cambiando i modelli aziendali

L’Open Innovation, concetto introdotto da Henry Chesbrough nei primi anni Duemila, ha trasformato il modo in cui le imprese pensano l’innovazione: non più come un processo chiuso, lineare e protetto, ma come un ecosistema aperto, dove idee, tecnologie e competenze circolano tra attori diversi.

A livello tecnico, l’OI è definita come la gestione intenzionale dei flussi di conoscenza attraverso i confini organizzativi, usando sia strumenti basati su transazioni economiche, come investimenti, corporate venture capital e licenze, sia strumenti collaborativi non monetari come partnership, percorsi di co-creation e hackathon.

Si articola in tre direzioni:

  • Inbound OI → integrare idee e tecnologie che arrivano dall’esterno.
  • Outbound OI → portare fuori le proprie conoscenze (spin-off, licenze, collaborazioni).
  • Coupled OI → collaborazioni simmetriche con più attori (università, startup, industrie, centri di ricerca).

L’Open Innovation nasce proprio da questo: riconoscere che nessuna organizzazione, da sola, può intercettare tutta l’intelligenza necessaria per innovare.

Dalla collaborazione esterna alla co-creazione interna

L’innovazione aperta non funziona se un’azienda continua a ragionare come un sistema chiuso. Serve una cultura che favorisca lo scambio, la sperimentazione, la contaminazione continua tra reparti, ruoli e competenze. L’Open Innovation, per funzionare davvero, chiede alle organizzazioni molto più di strumenti o processi, chiede un cambiamento di mentalità, un’evoluzione culturale che coinvolge abitudini, credenze e forme di collaborazione.

Nella pratica, ciò significa permettere alle persone di far emergere intuizioni, prendersi responsabilità, testare prototipi rapidi e imparare velocemente dagli errori. Vuol dire trasformare i dipendenti in intrapreneur: professionisti capaci di vedere opportunità dove altri vedono vincoli, di costruire connessioni trasversali e di portare avanti idee ad alto valore anche senza un ordine dall’alto.

Perché l’innovazione aperta richiede un nuovo mindset organizzativo

Collaborare in modo aperto significa anche accettare una dose inevitabile di rischio, vulnerabilità e incertezza.
E per molte aziende questo è un salto culturale non banale. Bisogna passare da logiche di controllo a logiche di fiducia, da organigrammi rigidi a reti dinamiche, da procedure chiuse a cicli di esperimenti.

Le principali barriere non sono tecniche, ma culturali, come ad esempio:

  • la tendenza a rifiutare idee esterne;
  • la difficoltà a valorizzare tecnologie interne fuori dai confini aziendali;
  • l’inerzia organizzativa, che spinge a ripetere ciò che si conosce anche quando non funziona più;
  • la fatica a disimparare routine obsolete;
    la mancanza di una mentalità “ambidestra”, capace di gestire il presente e progettare il futuro.

Per superare questa inerzia culturale serve un mindset nuovo, capace di attraversare le tre fasi del cambiamento descritte da Lewin: unfreezing, moving, institutionalizing.

1 – Unfreezing — sciogliere le resistenze e mettere in discussione l’esistente

Il primo passo è psicologico, ovvero l’azienda deve riconoscere che ciò che sa non basta più e che aprirsi all’esterno non è una minaccia, ma un acceleratore di crescita.

In questa fase emergono le barriere più radicate: la tendenza a rifiutare idee esterne, la paura di condividere ciò che si possiede, l’atteggiamento protettivo verso le competenze interne.

L’Open Innovation, invece, richiede curiosità e fiducia, e la consapevolezza che la collaborazione moltiplica le opportunità e velocizza l’apprendimento.

2 – Moving — apprendere, sperimentare, diventare ambidestri

La seconda fase è quella dell’azione: provare, testare, disimparare routine obsolete e aprirsi a nuove modalità di lavoro. Serve una mentalità ambidestra, capace di bilanciare efficienza (exploit) e esplorazione (explore).

E serve coltivare motivazione, intrinseca ed estrinseca, perché la sperimentazione comporta inevitabilmente errori, tentativi e incertezze.

Il cambiamento richiede energia, e senza un sistema che la sostenga, attraverso autonomia, sfide significative, feedback, meccaniche di gioco che attivano coinvolgimento, le persone tendono a tornare al comfort dello status quo.

3 – Institutionalizing — rendere il cambiamento parte della cultura

L’ultima fase è il consolidamento: il momento in cui l’Open Innovation smette di essere un progetto e diventa una prassi.
Qui diventano cruciali:

  • allineamento tra reparti e funzioni;
  • valori espliciti che guidino comportamenti e decisioni;
  • motivazione sostenuta, perché l’innovazione è un processo continuo

Quando queste condizioni sono presenti, l’Open Innovation smette di essere un’iniziativa calata dall’alto e diventa parte dell’identità organizzativa.

E qui entra in gioco la gamification, che può trasformare il cambiamento organizzativo in un percorso condiviso e motivante.

La gamification permette di attraversare le tre fasi del cambiamento con maggiore fluidità:

  • nell’unfreezing crea un ambiente sicuro e leggero, che abbassa le resistenze e rende naturale provare strade nuove;
  • nel moving sostiene la sperimentazione, alimenta motivazione e curiosità, costruisce routine positive attraverso feedback immediati e ricompense simboliche;
  • nell’institutionalizing aiuta a trasformare pratiche sporadiche in comportamenti condivisi e riconosciuti, rendendo il cambiamento “vivibile” e non solo teorico.

La gamification, se ben progettata, diventa quindi il ponte che collega l’innovazione aperta alla trasformazione culturale.

Gamification: da gioco a leva strategica per il cambiamento organizzativo

Cos’è la gamification e come funziona

Di gamification avevamo già parlato nell’articolo Gamification e Game based learning: il design thinking per la formazione e la consulenza

La gamification è l’applicazione di meccaniche di gioco in contesti non ludici per rendere attività complesse più coinvolgenti, chiare e motivanti.
Il suo valore non sta nei “giochi” in sé, ma nella struttura che introduce: obiettivi definiti, feedback immediati, sperimentazione sicura, progressione.

In azienda questo significa trasformare formazione, collaborazione e processi decisionali in esperienze più partecipate e orientate all’apprendimento.

Dalla motivazione estrinseca alla motivazione intrinseca: il valore cognitivo ed emotivo del gioco

Diversi studi mostrano che le dinamiche ludiche attivano processi cognitivi profondi: esplorazione, curiosità, apprendimento esperienziale.

Per questo è fondamentale distinguere tra due tipi di motivazione: quella estrinseca, che arriva dall’esterno, tramite meccanismi come punti, badge e classifiche. Questi meccanismi, se usati da soli, generano un engagement superficiale, poco adatto a obiettivi complessi come l’Open Innovation, dove serve profondità, non quantità. La motivazione intrinseca, invece, è la spinta che nasce dal desiderio di autonomia, dalla competenza, e dalla volontà di migliorarsi.
È questa la leva che sostiene l’impegno nel tempo, stimola idee autentiche e aiuta le persone a superare inerzie e resistenze interne.
È questo il livello che permette a un’organizzazione di muoversi dal semplice engagement alla vera cultura dell’innovazione, dove le persone sono motivate non perché devono, ma perché vogliono.

Come la gamification attiva engagement, apprendimento e collaborazione

​​La forza del gioco sta nel soddisfare i tre bisogni psicologici individuati dalla Self-Determination Theory:
– Autonomia
– Competenza
– Relazionalità

Quando questi bisogni sono attivati, le persone entrano in uno stato di flow: attenzione alta, apprendimento veloce, voglia di continuare.
Per questo la gamification è riconosciuta come un acceleratore dell’apprendimento: rende la formazione più attiva, migliora comprensione e memoria, riduce la fatica cognitiva e sviluppa competenze trasversali come decision making, pensiero critico, problem-solving e comunicazione.

Un contributo chiave è anche l’unlearning: il gioco aiuta a disimparare routine obsolete, accettare l’errore come parte del processo e adottare prospettive nuove. È un contesto sicuro in cui testare senza rischi.

Gamification e Open Innovation: un binomio per la creatività collaborativa

Workshop e hackathon gamificati: il valore dell’apprendimento esperienziale

Come emerso nello studio di Zhang e Zurlo (2024), se c’è un luogo in cui la gamification dà il meglio di sé, è proprio negli spazi in cui si crea innovazione insieme: workshop, laboratori di co-design e hackathon.
Questi formati non sono “eventi”, ma tecnologie sociali che rendono la complessità più praticabile e trasformano l’incertezza in un terreno fertile. Il gioco ordina il caos, abbassa lo stress e apre possibilità: soprattutto nelle prime fasi dell’Open Innovation, le più ambigue e delicate, dove servono coraggio, ascolto e rapidità.

1. Workshop gamificati: la palestra dove nasce la co-creazione

I workshop gamificati funzionano perché creano uno spazio in cui ruoli, gerarchie e resistenze vengono sospesi. Regole chiare, tempi definiti e dinamiche di gioco mettono tutti sullo stesso piano e rendono naturale il confronto.
Questo approccio è particolarmente efficace nelle fasi early stage dell’innovazione, quando i problemi non hanno ancora una forma precisa e l’inerzia organizzativa è più forte. Il gioco allenta la prudenza, riduce le difese, permette di sperimentare senza paura e fa emergere intuizioni che in un meeting tradizionale non comparirebbero. Inoltre, i partecipanti riportano effetti psicologici molto concreti: meno stress, più motivazione, più apertura mentale.

La “novità” di giocare insieme produce uno shock positivo che libera creatività, genera intuizioni inattese e invita a riconsiderare soluzioni date per scontate.

2. Hackathon gamificati: innovazione sprint ad alta intensità

Gli hackathon sono forse l’applicazione più iconica della gamification nell’Open Innovation.

Sono maratone creative intense (24–72 ore), che combinano sfide, missioni, vincoli di tempo, team multidisciplinari e feedback continui, tutti elementi tipici del game design.
Funzionano perché creano un ambiente “a pressione controllata” che accelera la creatività e permette di testare idee reali in rapid prototyping.

Il caso dell’#ENAVThinkingCup lo dimostra: tre giorni di lavoro, oltre 25 team, ore di coaching, soluzioni concrete per la mobilità aerea del futuro. È un esempio perfetto di innovazione aperta gamificata, intensa e inclusiva, in cui startup, aziende e ricercatori contribuiscono come giocatori dello stesso ecosistema alla risoluzione di un problema reale.

Una delle evidenze più interessanti è che ripetere lo stesso workshop gamificato produce soluzioni migliori della prima edizione. L’iterazione ludica crea apprendimento incrementale, riduce il rischio e rafforza le relazioni interne al gruppo.

I limiti reali: il remoto non basta

Le fonti rilevano un limite chiaro: i formati di co-design gamificati totalmente digitali non riescono ancora a replicare l’intensità relazionale del lavoro in presenza. Online l’engagement cala, la creatività si disperde, la collaborazione perde profondità.

Per questo, il futuro sarà ibrido: digitale quando serve velocità, fisico quando serve intensità cognitiva e qualità delle interazioni.

La gamification come leva di cambiamento culturale e strumento di formazione

Oltre il “gioco per ingaggiare”: la gamification come strumento cognitivo

Quando la gamification è progettata con intenzione pedagogica, passa da strumento di puro ingaggio a dispositivo cognitivo che cambia il modo in cui le persone apprendono e interagiscono.

Dalla formazione frontale alle palestre di competenze: come i serious game trasformano il learning aziendale

In Flowerista, il gioco è diventato un linguaggio per costruire cultura condivisa.
Attraverso i nostri serious game, i team sperimentano sfide reali in un ambiente sicuro.

Giochi come Business’n’Play for Impact allenano team aziendali su temi ESG e governance sostenibile, trasformando la formazione in un’esperienza immersiva e partecipata.

Prompt’n’Play insegna a dialogare con l’AI grazie all’AI stessa, addestrata per fornire feedback costruttivi in tempo reale.

È in questo modo che la formazione aziendale si trasforma: il gioco diventa una vera e propria palestra di competenze e relazioni, uno spazio sicuro in cui esplorare possibilità, sperimentare senza paura di sbagliare e progettare insieme.

Come progettare un’esperienza di gamification sostenibile e inclusiva

Progettare una gamification efficace significa costruire un sistema che funzioni nel tempo e che includa davvero tutte le persone coinvolte. Non basta introdurre punti, sfide o premi: serve un design che regoli con cura le dinamiche sociali, motivazionali ed etiche dell’esperienza.

Il primo elemento è l’equilibrio. Una buona progettazione alterna competizione e cooperazione, mantenendo viva la tensione creativa senza trasformarla in rivalità o, al contrario, in un clima troppo morbido e dispersivo. 

Il secondo pilastro è l’inclusività. Una gamification ben fatta non esclude, non crea barriere, non premia solo un certo “tipo” di giocatore. Richiede attenzione al linguaggio, all’accessibilità, alla rappresentazione e alla diversità dei profili motivazionali. Un design sostenibile deve essere capace di accogliere esigenze differenti, anche tecnologiche, e generare un’esperienza significativa per tutti, non solo per chi ha più familiarità con le dinamiche ludiche.

Infine, c’è la dimensione dell’impatto. Ogni esperienza gamificata produce dati preziosi: partecipazione, qualità delle idee, livello di engagement, capacità di collaborazione. Misurarli permette di capire cosa funziona e cosa no, correggere il design, scalare le pratiche più efficaci. 

Il futuro della gamification nei processi di innovazione

La gamification sta attraversando una trasformazione radicale: da tattica di engagemen, a vera e propria infrastruttura strategica, capace di influenzare cultura, processi decisionali e capacità di apprendimento delle organizzazioni.

Il futuro della gamification si muove lungo tre direzioni principali.

1. Dal coinvolgimento individuale alla gestione strategica della forza lavoro

Per anni la gamification è stata associata all’employee engagement. Oggi, invece, diventa un elemento di gestione strategica: supporta obiettivi, performance, benessere e sviluppo del capitale umano. Le carriere iniziano a essere pensate come percorsi narrativi, con progressioni che rendono visibile non solo ciò che si fa, ma ciò che si impara. E i sistemi informativi gamificati, più fluidi, più piacevoli, più intuitivi, mostrano una direzione chiara: lavorare sarà sempre meno “eseguire compiti” e sempre più vivere un percorso evolutivo.

2. Dall’Open Innovation alla “innovation gamification”

La gamification diventerà un alleato strutturale dell’innovazione aperta, soprattutto per superare resistenze culturali e rendere collaborativi processi complessi.

Le ricerche mostrano che la gamification aiuta le organizzazioni a muoversi nelle fasi iniziali dell’innovazione (crowdsourcing, ideazione, co-creation, design partecipati) e a progredire nelle tre fasi del cambiamento: sciogliere i silos e le resistenze (unfreezing), sperimentare e disimparare in sicurezza (moving), consolidare cultura e valori condivisi (institutionalizing). È un viaggio che porta dall’ansia del nuovo alla curiosità, e poi alla costruzione di una cultura dell’apertura.

È altrettanto evidente che il futuro premierà un design di qualità: meno punti e classifiche, più scenari, role-playing, scelte complesse, narrazioni condivise. La gamification diventerà una tecnologia cognitiva per facilitare pensiero critico, collaborazione e creazione di valore.

3. Intelligenza Artificiale, dati comportamentali e personalizzazione radicale

La trasformazione più profonda riguarda l’incontro tra gamification e AI. Questo incontro rende possibile un design adattivo, capace di modellarsi sul profilo motivazionale di ogni persona e di evolvere in tempo reale.

La gamification non sarà più un’esperienza uguale per tutti, ma un ecosistema che riconosce pattern di comportamento, anticipa cali di motivazione, propone sfide su misura e ottimizza la collaborazione nei team. L’apprendimento diventerà più simile a un percorso dinamico che si modifica mentre lo attraversiamo, integrando aspetti cognitivi, emotivi e relazionali. Con l’AI sarà possibile creare esperienze di apprendimento che si plasmano “in tempo reale” sull’utente.

4. Convergenza tecnologica: VR, metaverso, smart cities, industria 4.0

Le tecnologie immersive stanno ampliando il campo d’azione della gamification: dalla formazione esperienziale in Realtà Virtuale (VR), alle piattaforme metaverse per la creatività collaborativa, dalle smart cities che premiano comportamenti sostenibili ai contesti industriali che utilizzano dinamiche ludiche per sicurezza, efficienza e sostenibilità.

La gamification entrerà nei processi, nei servizi pubblici e nelle infrastrutture per progettare sistemi che guidano le persone dentro la complessità, rendendo l’innovazione più accessibile, partecipata e comprensibile. Ad esempio, con città che mostrano in tempo reale l’impatto delle scelte di mobilità, servizi pubblici che rendono trasparenti passaggi e tempi delle pratiche, percorsi di onboarding che si leggono come mappe chiare, processi aziendali che danno feedback immediati invece di istruzioni astratte.

La gamification aiuterà così le persone a muoversi dentro sistemi sempre più complessi con più orientamento, motivazione e consapevolezza.

Conclusione

In un’epoca in cui l’innovazione non nasce più soltanto dentro i laboratori R&D ma prende forma nei ponti che si costruiscono tra aziende, startup, università, istituzioni e cittadini, è sempre più evidente che le idee migliori non arrivano dall’alto, ma dall’intelligenza collettiva.

L’innovazione contemporanea è un processo poroso, distribuito, che funziona quando le persone hanno lo spazio per pensare, confrontarsi, sperimentare e immaginare scenari alternativi. 

E proprio per questo il gioco emerge come uno dei più potenti alleati del cambiamento.
Non un passatempo, ma una vera e propria infrastruttura culturale. Un linguaggio comune che permette di superare le rigidità, attivare curiosità e collaborazione, fare spazio all’ascolto e alla creatività.

In un mondo che cambia velocemente, l’innovazione non chiede più solo competenze tecniche, ma ambienti capaci di apprendere continuamente, organizzazioni che sanno aprirsi all’esterno, team che affrontano la complessità con coraggio e spirito critico.
Il gioco diventa così una palestra mentale e relazionale, uno spazio sicuro in cui esplorare nuove possibilità, sperimentare senza paura di sbagliare e progettare, insieme, il futuro che vogliamo costruire.

KEY TAKEAWAYS

DATI E INSIGHT CHIAVE

  • L’innovazione contemporanea è un processo aperto, distribuito e collaborativo, in cui aziende private, startup tecnologiche, università, enti pubblici e cittadini contribuiscono alla creazione di nuove soluzioni attraverso scambio di conoscenza e co-creazione continua .
  • L’Open Innovation si basa su tre direttrici riconosciute (Inbound, Outbound, Coupled) che regolano il flusso di conoscenza dentro e fuori i confini aziendali, con strumenti come corporate venture capital, partnership, licenze e percorsi di co-design collaborativo .
  • La gamification attiva i tre bisogni psicologici fondamentali individuati dalla Self-Determination Theory — autonomia, competenza e relazionalità — generando apprendimento accelerato, motivazione persistente e maggior capacità di problem-solving in contesti complessi.
  • Workshop gamificati e hackathon rappresentano tecnologie sociali ad alta intensità relazionale: creano sicurezza psicologica, riducono resistenze, facilitano il pensiero laterale e favoriscono l’emersione di intuizioni che raramente emergono in riunioni tradizionali .

AZIONI CONCRETE PER LE ORGANIZZAZIONI

  • Guidare la trasformazione culturale seguendo le tre fasi di Lewin — unfreezing → moving → institutionalizing — utilizzando il gioco per ridurre inerzie, sostenere sperimentazione iterativa e consolidare nuovi comportamenti fino a renderli prassi organizzativa stabile .
  • Progettare workshop gamificati che sospendono ruoli e gerarchie, rendono il confronto più equo e abilitano co-creazione ad alto valore, soprattutto nelle fasi early-stage dell’innovazione aperta in cui servono apertura mentale e disponibilità all’errore .
  • Integrare hackathon gamificati (24–72 ore) per stimolare innovazione sprint, rapid prototyping, teamwork multidisciplinare e feedback continui; casi come #ENAVThinkingCup dimostrano che questi format generano output concreti e collaborazione inter-organizzativa reale .
  • Privilegiare meccaniche di motivazione intrinseca (autonomia, sfide significative, feedback immediati) rispetto ai soli incentivi estrinseci (punti, badge, classifiche), che da soli producono engagement superficiale e non sostengono processi complessi come l’Open Innovation .

RISCHI, LIMITI E CRITICITÀ

  • L’innovazione aperta fallisce se persiste una cultura organizzativa chiusa, caratterizzata da rifiuto delle idee esterne, protezione eccessiva delle competenze interne, inerzia procedurale e difficoltà nel disimparare routine obsolete .
  • I format completamente digitali di co-design e gamification non replicano ancora la forza relazionale e l’intensità di coinvolgimento dei contesti in presenza, con impatti negativi su creatività, partecipazione attiva e velocità di allineamento tra i team .
  • Una gamification progettata solo come “sistema di punti” rischia di produrre comportamenti meccanici e non sostenere i processi cognitivi profondi necessari per cultura dell’innovazione, apprendimento esperienziale e cambiamento organizzativo stabile .

STRUMENTI E LEVE DA UTILIZZARE

  • Gamification design framework: obiettivi espliciti, regole trasparenti, progressi visibili, feedback immediati e spazi di sperimentazione sicuri.
  • Workshop gamificati per early ideation e superamento delle barriere psicologiche legate a gerarchie, giudizio, paura dell’errore.
  • Hackathon per innovazione rapida, iterazione continua, sperimentazione ad alta energia e collaborazione tra attori diversi dell’ecosistema (startup, corporate, studenti, ricercatori).
  • Meccaniche di motivazione intrinseca per sostegno della partecipazione nel tempo: narrativa condivisa, sfide significative, autonomia di scelta, feedback chiari e immediati, senso di progressione.