“C’era una volta…”
È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di imbattersi nell’ incipit per eccellenza delle grandi storie. Sono parole che rimandano subito ad un buon libro, un divano comodo e un viaggio straordinario. Parole che forse stonano con il mondo di oggi, sempre così di fretta! Ma, nonostante ciò, lo storytelling si sta ritagliando uno spazio importante nella narrazione odierna.
In questo articolo vedremo cos’è lo storytelling, il suo significato e soprattutto perché amiamo così tanto le storie. Partiamo!

Che cos’è lo Storytelling?

Storytelling: strumento dalle potenzialità straordinarie. Attraverso la scoperta dei suoi segreti sarai in grado di manipolare gli esseri umani, controllarne le menti, influenzarne la volontà… Come ti fanno sentire queste parole? Hai mai guardato lo storytelling con questi occhi? Chiaramente stiamo scherzando, ma proviamo ad andare un po’ più a fondo.

Una piccola premessa prima di cominciare. L’intero articolo parte dal presupposto di considerare noi, esseri umani, responsabili delle nostre azioni e delle nostre decisioni, senza attribuire una valenza positiva o negativa agli strumenti che usiamo nel corso della nostra vita.

Detto questo, che cosa significa storytelling? Un famoso dizionario definisce storytelling:

“l’attività di scrivere, raccontare o leggere storie”.

Tutto qui? Una delle parole più citate e utilizzate nella nostra epoca, ridotta ad una scarna e poco fantasiosa definizione?

Potrà sembrarti riduttiva, hai ragione, ma quell’insieme di verbi, apparentemente accostati senza troppo impegno, nasconde un mondo di immaginazione e vera magia.
Siamo da sempre innamorati, e come tali vulnerabili, al potere delle storie e dei racconti, al fascino di personaggi straordinari.

Perché amiamo le storie?

Cosa ci spinge, sin dai tempi più antichi e remoti, ad averne bisogno?

Le risposte possibili sono numerose e non basterebbe un’intera rubrica per essere del tutto esaustivi. Per questo motivo, qui proveremo ad approfondirne soltanto una, la mia preferita in assoluto: amiamo le storie per il legame inscindibile che lega storie ed emozioni.
Ribadisco, questa è una scelta puramente soggettiva, ci sono numerose pubblicazioni che spiegano molto bene i motivi del nostro legame con le storie e nel caso in cui non ti ritrovassi in nessuna di quelle lette, potresti provare a darti una spiegazione personale. Cosa ne dici?

Ma pensiamoci per un attimo insieme: quali sono le storie che ci colpiscono di più?

Tendenzialmente, le storie indimenticabili, quelle che ci lasciano senza fiato e con un segno nell’anima, sono anche quelle che ci hanno fatto emozionare di più. Questo discorso è valido sia per quelle emozioni che riteniamo piacevoli, sia per quelle che rifuggiamo a causa delle sensazioni poco piacevoli che proviamo.
Sembra pura fantascienza, ma grazie al carico emotivo generato dalla storia, è come se questa venisse contrassegnata e salvata in un luogo protetto, in un’apposita parte della nostra memoria dove non verrà dimenticata.
Le storie ci fanno ridere e ci fanno piangere, ci tengono con il fiato sospeso, ci fanno battere forte il cuore, rendono confortevoli abiti apparentemente stretti o fuori luogo, ci aprono universi sconosciuti. Insomma, ci permettono di viaggiare con la nostra mente.

Imparare a raccontare

Quindi raccontare storie è un talento naturale? O ce l’hai o non ce l’hai?
Facciamo un passo alla volta.

Come ogni arte, perché in fondo è di questo che stiamo parlando, anche quella di raccontare storie possiede delle regole, degli standard, affinché ciò che raccontiamo possa essere più accattivante, avvincente e, ovviamente, suscitare grandi emozioni. Questo non ci impedirà, in un secondo momento, di superare queste regole, di trasgredirle rompendo schemi predeterminati.
Tutti noi, con un po’ di pratica, possiamo diventare dei grandi storyteller!

Lo so, inizio già a sentirla, ecco ritornare quella voce nella testa, quella che comunemente chiamiamo la “Sindrome dell’impostore”. Per intenderci, quella voce portata a comunicarci (sempre nei momenti meno opportuni) la nostra incapacità e a ricordarci i nostri fallimenti.

Proviamo allora a fare qualcosa di diverso: accettiamola! Gettiamo le armi e smettiamo di combattere, lasciamo che si sfoghi, una volta illuminata e portata allo scoperto, non farà più così paura.
Lo psicologo Luca Mazzucchelli in uno dei suoi tanti video disse che il fatto di sentire questa voce e di “sentirci degli impostori” avrebbe dovuto darci una grande conferma: essere dalla parte dei NON-IMPOSTORI. Se fossimo veramente impostori, infatti, ci staremmo ponendo davvero la domanda?

Prova a scrivere un lieto fine!

La prova più difficile non sta nell’apprendere i rudimenti dell’arte di raccontare, bensì nel saperla padroneggiare.

Quale emozione mi guida? Qual è il mio obiettivo?
Quale emozione voglio suscitare nelle persone intorno a me?
Intendo aiutarle a perdersi in un mondo fantastico?
Ho intenzione di convincerle a portare a termine un’azione?

Sono tutte domande necessarie, alcune imprescindibili, prima di consegnare al mondo la nostra storia. Con le parole, le immagini, i suoni che deciderai di evocare, sarai in grado di emozionare, di far riaffiorare momenti del passato, di risvegliare ricordi, e così via!

Quindi che si fa? Gettiamo la spugna?
Certo che no, proviamo a scrivere un lieto fine!
Andiamo oltre la paura. Superiamo la salita iniziale. Andiamo a vedere cosa c’è… un po’ più in là.
In un mondo che corre veloce, scandito da impegni, chiamate e riunioni, scrivere racconti, narrare le gesta di eroi o di persone “straordinariamente normali”, emozionare, può rappresentare ancora una speranza, un antidoto, una luce in grado di illuminare anche un lunedì di pioggia!

Se ci pensiamo, questo può essere un ottimo modo di sfruttare le nostre capacità e, in fondo, ne varrà il nostro impegno.