Ha ancora senso dividere categoricamente tra chi produce beni e chi fornisce servizi? Quali caratteristiche degli uni e degli altri sono rimaste invariate nel tempo e quali sono cambiate? Il marketing come affronta questi cambiamenti?

Negli anni ‘80, le aziende manifatturiere (che creavano prodotti quindi) hanno cominciato a integrare i servizi nella loro generazione di valore. E’ stato coniato il termine “servitization”, poco simpatico e poco pronunciabile, ma tant’è. Oggi diamo per scontato che chi vende un prodotto debba anche fornirci assistenza o provveda all’installazione. Un tempo non era così.
Al di là del fatto che l’innovazione è sempre una leva di rinnovamento culturale, tecnologico e imprenditoriale, va considerato un dato di fatto: il cliente cerca soluzioni, non oggetti fisici.

Dettagli e anelli

Ma oggi, non più negli anni ’80 ma nel 2019, mi sono chiesta un’altra cosa: io che nasco come fornitore di servizi e consulenze, posso assimilare i miei servizi a prodotti? E in più, voglio vendere anche prodotti fisici? Se sì, a quale scopo?
La risposta è stata Sì a entrambe le domande.
I servizi possono essere resi “standard”, pur mantenendo un elevato livello di customizzazione, grazie alla definizione precisa di caratteristiche e aspettative. Trasformando il servizio in prodotto ci sono ulteriori vantaggi: ad esempio èacquistabile online con un semplice click, è “nominabile” quindi favorisce il passaparola e le recensioni, è schedulabile del tempo in quanto può adattarsi alle prenotazioni. E risponde ai meccanismi di scarcity, che è una delle leve più importanti del marketing (di questa cosa c’è scarsità, quindi mi affretto a comprarla).
Non solo, c’è anche chi utilizza il modello dell’abbonamento ad una library di contenuti o ad una consulenza prolungata nel tempo per avere una sicurezza in più.

Ma veniamo ai prodotti fisici veri e propri? Perché aggiungere anche quelli all’offerta? Premetto che non sono (ancora?) in tanti a farlo, ma alcuni sì, li ho intercettati. Personalmente ho pensato a due cose: se avessi un e-commerce o fossi un’artigiana alla ricerca di un consulente di comunicazione cui affidare la mia strategia, mi fiderei di più di qualcuno che ha provato sulla propria pelle cosa vuol dire vendere online. Secondariamente, il prodotto in sé amplifica il concetto di Communiy e lo rende tangibile. Permette di creare sinergie tra produttori e clienti finali – tramite il rivenditore – che la pensano nello stesso modo e che possono essere a loro volta clienti per ciò che riguarda l’offerta di servizi.
Insomma, è qualcosa di poco sfruttato ancora, ma chissà in futuro.

Maglietta flowerista

E tu? Cosa ne pensi della distinzione tra prodotto e servizio? Ha ancora senso? Oppure ormai tutti fanno un pò di tutto?