Scritto da Chiara Sinchetto
Accantonare la lettura di narrativa quando si diventa adulti: alzi la mano chi ci è passato. Iniziare a leggere solo saggi e manuali per formarsi e tenere il passo quando ci si mette in proprio è un’altra tappa per cui potresti passare senza neanche rendertene conto. C’è un pensiero che alimenta questa scelta: leggere romanzi non serve a nulla. E in fondo, da un certo punto di vista, possiamo dire che è superfluo: superfluo sì, ma vitale. Cosa pensereste se vi dicessi che mettere da parte i romanzi può privare non solo di un piacere, ma anche di risorse importanti per il proprio lavoro, anche se spesso è naturale farlo quando si diventa liberi professionisti o si ha un’impresa? Parliamone insieme: scommettete che riesco a farvi cambiare idea?
Uno stimolo per l’empatia
Credo vi sia capitato di redigere una mappa dell’empatia per mettervi nei panni del vostro target, così come, in generale, di dedicare molto tempo ad immaginare i veri bisogni delle persone che costituiscono il vostro pubblico. La lettura di narrativa permette di stimolare proprio l’empatia: leggendo romanzi ci immergiamo infatti in storie anche lontane dalla nostra personale esperienza e lo facciamo mettendoci in panni diversi dai nostri.
Nel saggio “La biblioteca delle emozioni” Carola Barbero propone la prospettiva filosofica per cui ogni romanzo che leggiamo costituisce l’ingresso in un diverso laboratorio emotivo. Leggendo sperimentiamo la paura e la tristezza, la speranza e lo stupore e lo facciamo a costo zero: non dobbiamo cioè preoccuparci di come agire o reagire e una volta chiuso il libro torniamo alle nostre vite arricchiti ma senza aver pagato in prima persona il prezzo delle scelte dei personaggi.
Creatività è anche riuscire a vedere altre strade uscendo dal nostro solito modo di pensare: leggere romanzi può così aiutarci anche una volta tornati nei nostri panni lavorativi, stimolando riflessioni che non avreste magari mai pensato di trovare in una storia.
Lontano da una visione esclusivamente pratica
Allontanarsi dall’operatività a volte può essere salvifico. Avete presente quando vi arrovellate sulla costruzione di un prodotto o di un servizio o quando cercate il modo per comunicare un lancio importante? Divergere, andare altrove anche quando non potete farlo fisicamente serve a questo.
Avete presente quelle vacanze da cui tornate a casa con occhi e spirito completamente nuovi, in cui tornate al lavoro con la gioia, la passione e lo slancio che vi sembrava di aver perso chissà dove? Ora immaginate di poterlo fare attraverso un rifugio portatile, pronto all’occorrenza e che vi basta aprire ovunque voi siate.
Leggere storie ci permette di vivere molte vite che non sono la nostra e non c’è modo migliore per prendere in prestito altri occhi e tornare alla propria vita, e anche al proprio lavoro, con molte idee inaspettate.
Tenere la porta chiusa
Nel nostro lavoro ci sentiamo spesso in gradi e modi diversi esposti al giudizio degli altri. Certo: può essere uno stimolo per migliorare e per avere riscontri su come stiamo andando, ma scommetto che a volte la pressione diventa alta. Potete prendere allora in prestito il consiglio che Stephen King dà nel suo saggio “On writing”: quello di scrivere con la porta chiusa, per poi correggere e riscrivere condividendo e chiedendo riscontri. Possiamo adattarlo anche al nostro lavoro: a volte dobbiamo allontanarci da troppi stimoli e rumore di sottofondo che non ci permettono più di capire ciò che vogliamo davvero.
Possiamo così tornare al cuore attraverso i romanzi: possono aiutarci a ritrovare slancio e coraggio tornando alle nostre motivazioni, al punto di partenza costituito sì da razionalità, ma anche da molto slancio emotivo e da passione, che ha fatto sì che ci mettessimo in proprio. Leggere romanzi dedicati a grandi imprese impossibili, a diari di viaggi avventurosi o anche a vite eroiche nella quotidianità del coraggio a volte è tutto ciò che serve per riuscire a ricordare perché abbiamo compiuto la scelta di lavorare in proprio mettendo da parte fatiche e ostacoli che costellano le giornate di tutti.
E così arriviamo anche al prossimo punto.
Allontanare l’iperconnessione
Maryanne Wolf è una neuroscienziata cognitivista che studia i processi della lettura: nei suoi libri “Proust e il calamaro” e “Lettore, vieni a casa” spiega i risvolti dell’abbandonare, spesso senza neanche accorgercene, la lettura profonda. Parliamo di quella capacità di entrare in un altro mondo senza che la lettura rimanga un freddo incamerare informazioni. Riuscire a non trasferire la nostra modalità di lettura online con lo scopo di apprendere cose nuove e con la necessità di farlo in fretta anche ai romanzi è una grande sfida. Sperimentare il piacere della lettura senza demonizzare il digitale è la strada su cui avviarci.
I libri giusti per noi riescono anche a farci uscire dalla solitudine imprenditoriale che capita a tutti a tratti di sperimentare, perché ci dicono che non siamo soli. Qualcun altro l’ha vissuto, qualcun altro l’ha provato: la lettura diventa uno stimolo alla creatività anche perché legittima e sottolinea la nostra unicità. Concentrarci su una storia, leggere tenendo lontano il cellulare e staccare dai pensieri della quotidianità: non c’è nulla che ritempri e ripulisca i pensieri allo stesso modo. La lettura è attiva e non costituisce un ricevere informazioni in modo passivo come a volta diventa il nostro scrollare sui social.
Spero che dopo aver letto quest’articolo coglierai l’occasione di aggiungere a saggi e manuali che hai magari già messo da parte per le vacanze estive anche i romanzi che più ti ispirino: riscopri il piacere della lettura e anche la tua creatività ne beneficerà!
Mi chiamo Chiara e creo percorsi culturali tra letteratura e filosofia. Credo che un mondo in cui la fantasia è bandita sia un luogo pericoloso, oltre che povero; sono una persona curiosa e, se potessi, mi trasferirei a vivere in una biblioteca.