Come ogni anno, noi del Team Flowerista cerchiamo di individuare e anticipare i trend che determineranno la direzione del marketing del futuro, in particolare di questo 2023 alle porte! Quali sono i macro-trend da tenere d’occhio per orientare le nostre azioni di marketing? Quali sono le conferme e quali le novità?

Abbiamo raccolto le nostre riflessioni in questo articolo, da tenere sempre a portata di mano! E se ne hai altre da suggerirci, siamo in ascolto!

1) L’evoluzione di TikTok da App di intrattenimento a piattaforma di ricerca

Abbiamo già visto (e commentato nelle nostre Rassegne Digitali) che i video e i profili TikTok appaiono tra i risultati di ricerca mostrati da Google, per cui siamo certe che i marketers di tutto il mondo tenderanno sempre di più a ottimizzare i contenuti all’interno dell’app di intrattenimento per comparire organicamente nella SERP d Google. Fino a qui niente di nuovo, o quasi. La vera novità è che sempre più utenti (leggi Gen Z) avviano le proprie ricerche all’interno di TikTok stesso, dimenticando il caro vecchio Google. Il perché lo scopriamo nel prossimo trend.

2) Alla ricerca di idee e ispirazioni piuttosto che con precisi intenti di acquisto

Il nostro modo di fruire i contenuti online è cambiato radicalmente da quando TikTok è comparso in maniera così pervasiva nelle nostre vite: lo scrolling infinito è sia frutto della app stessa che motivo del suo successo. Possiamo accorgerci dell’effetto che ciò sta avendo sulle generazioni più giovani (leggi sempre Gen Z) osservando i loro comportamenti sia fuori che dentro il mondo virtuale. Nonostante la Gen Z sia più incline a fare acquisti online rispetto ad altre generazioni più adulte, non è certo l’acquisto il motivo per cui trascorre così tanto tempo su Internet. In altre parole, il pubblico più giovane inizia la propria ricerca online spinto da un impulso di curiosità e divertimento e si aspetta di essere guidato verso un caleidoscopio di nuove idee e ispirazioni, piuttosto che essere indirizzato verso un elenco di marchi o prodotti convenienti.

3) Acquisti d’impulso e prodotti di conforto per far fronte all’impatto psicologico della crisi

Dal 2020 stiamo vivendo una crisi dietro l’altra, prima per via della pandemia, poi per la guerra in Ucraina, il rincaro delle materie prime e ora per la crisi energetica. Come è ovvio che sia, queste crisi non hanno solo un impatto economico di enorme portata, ma anche psicologico. Non è un caso che durante la recessione del 2008, le vendite di lingerie di lusso sono aumentate improvvisamente e durante la Grande Depressione americana, così come nella recessione del 2001, la gente comprava rossetti a frotte.
Acquisti d’impulso e prodotti di conforto (dove il conforto è ovviamente molto soggettivo e varia da persona a persona) saranno i nostri alleati per far fronte al senso di impotenza, incertezza e angoscia che ci pervade.

4) Dal punto di vista del budget di marketing, la crisi richiede flessibilità e misurazione

Spostando il punto di vista dall’analisi del mondo Consumer e rivolgendolo all’interno del team Marketing, la crisi che stiamo vivendo richiede sicuramente flessibilità e resilienza, spirito di adattamento ma soprattutto velocità nel cambiamento. Quello che poteva andare bene anche solo 6 mesi fa, non è detto che vada bene oggi. Le scelte che facciamo nel destinare il budget di marketing dovrebbero essere il più possibile flessibili ed efficienti, basate su test e dati che non ci daranno ovviamente risposte l’oggi per il domani, ma ce le daranno; questa è la grande differenza rispetto all’approccio “il capo ha sempre ragione”. Il capo ha ragione quando sa ammettere di aver sbagliato e lo fa portando a testimonianza delle evidenze numeriche.

5) L’influencer marketing continuerà a crescere puntando su Creators di professione, User generated content e collaborazioni di lungo periodo

Ahhh, non ci sono più gli influencer di una volta! O meglio, ci sono ancora, ma sono affiancati da una serie di altre figure, che rendono questo mercato sempre più rilevante anche da un punto di vista economico (in Italia l’influencer marketing vale 294 milioni di euro nel 2022, segnando una crescita del +8% sul 2021).
Dalle tendenze di TikTok, ai video di unboxing fino alle recensioni, i contenuti generati dagli utenti sono il nuovo passaparola. Questo tipo di contenuti è originale e specifico per il brand in questione, creato dai consumatori piuttosto che dai brand stessi e per questo più affidabile agli occhi degli utenti.
Ciò non significa che sono spariti del tutto i cari vecchi influencers con milioni o centinaia di migliaia di followers, ma si tende ad assoldarli più in quanto celebrities o ambassador di lungo periodo, che non come creatori di contenuti, anche perché spesso non è la creatività il loro vero punto di forza.
I Creators di professione invece esistono e sono un’altra faccia ancora della medaglia. Possono anche non avere un grosso seguito sui social, l’importante è che abbiano una precisa vena artistico/creativa che i brand possono associare alla loro company culture e al loro posizionamento. È proprio quello che stiamo facendo con questo ramo di Flowerista.

6) Il digital advertising non è più in mano al duopolio Google – Meta già da tempo: ecco chi è subentrato

Se è vero che Google e Meta non vivono più i fasti di un tempo, quando erano soli al comando (secondo una stima dell’Economist, il 2022 ha fruttato loro solo per questi servizi 300 miliardi di dollari), è altrettanto vero che i competitor che stanno cercando di spartirsi la gigantesca torta del digital advertising, come Amazon e Apple, sono molto più ancorati alla propria piattaforma e lavorano molto in contiguità con il momento in cui si verifica il bisogno d’acquisto. Insomma, non propriamente competitor diretti, ma quel che è certo è che attingono alle medesime risorse del succitato ufficio Marketing, che si trova a dover prendere delle decisioni.
Manco a dirlo, a distinguersi per dinamicità è TikTok. Le sue entrate mondiali, secondo eMarketer supereranno gli 11 miliardi di dollari nel 2022 e i 22 entro il 2024.
Non dimentichiamoci inoltre di Microsoft, che dovrebbe arrivare ad accaparrarsi più del 2% delle vendite globali quest’anno. Il suo motore di ricerca, Bing, ha solo una piccola quota di questo mercato, che però è enorme. Il suo social network, LinkedIn, propone annunci a pagamento molto settoriali e molto più costosi rispetto a Facebook, ad esempio.
E per concludere, poiché anche l’audio sta subendo una digitalizzazione simile al video grazie allo streaming e al podcasting, piattaforme come Spotify, Amazon Music o la stessa Apple Music, potranno competere sempre di più su questo mercato.

7) Metaverso: non sappiamo ancora bene cosa sarà, ma l’importante è cominciare a prendervi parte

Forse le applicazioni concrete non si sono ancora del tutto sviluppate, ma le aziende, dai giganti della finanza internazionale come HSBC e JP Morgan fino alle case di moda come Nike e Gucci, hanno già messo più di un piede nel Metaverso. L’attrattiva è ovvia: i brand sono sempre alla ricerca di modi nuovi e più coinvolgenti per entrare in contatto con i consumatori. Il Metaverso, con la sua attenzione alla customer experience e alle connessioni one-to-one, è un ulteriore canale di comunicazione. E soprattutto è un canale in cui la partita è ancora aperta. Nei prossimi 12 mesi, le aziende faranno di tutto per guadagnarsi una posizione privilegiata, sia costruendo le proprie piattaforme sia occupando arene già esistenti come Meta Horizons, Fortnite, VR Chat o Decentraland. Nessuno sa ancora con certezza quale sarà la strategia vincente, ma una cosa è certa: bisogna partecipare per vincere.

8) L’intelligenza artificiale come alleato più che come nemico (altrimenti sono guai seri)

La capacità dell’AI di generare immagini, parole, video, musica e molto altro partendo da semplici richieste di testo è destinata a trasformare la creatività e i contenuti (vedi Lensa o Chat GPT per fare qualche esempio veramente disruptive).
Occorre sicuramente tener d’occhio la nuova tecnologia AI in particolare per la SEO e lo sviluppo dei contenuti, non tanto per sostituire l’essere umano ma per permettere di ottimizzare alcuni processi. Questi strumenti emergenti aiuteranno i marketer in tre modi: individuare i contenuti giusti utilizzando gli argomenti e i termini che i potenziali clienti stanno effettivamente cercando, sviluppare i contenuti più rapidamente, armonizzare il tono di voce e lo stile nelle grandi organizzazioni.
Noi tutti siamo chiamati a sviluppare la nostra personale visione in merito all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e ad impiegarla in modo creativo, piuttosto che cercare di combatterla o fare finta che non esista.
(Nota dell’autrice: Stavo faticosamente scrivendo questo articolo quando, arrivata proprio qui mi assale un dubbio: “E se avessi chiesto a #chatgpt ??” Magari anziché lavorare una mattinata intera e mezzo pomeriggio di un sabato di sole me la sarei cavata in 15 secondi.
Fortunatamente per la mia autostima, la sua risposta è stata questa: “non ne ho idea”).

9) Raccogliere Zero-party data direttamente dagli utenti deve essere il principale obiettivo

Dopo lo stop al tracciamento degli utenti annunciato da Apple e la successiva decisione di abolire i cookie avanzata in risposta da Google, i business sono sempre più chiamati ad investire in prima persona per ottenere e gestire i cosiddetti Zero-party data.
Zero-party data sono i dati forniti dagli stessi utenti in maniera diretta e consapevole. Ciò è possibile somministrando sondaggi oppure compilando form e moduli di contatto sui siti web, facendo iscrivere gli utenti a newsletter o programmi fedeltà. In questo modo la crescita sarà più lenta, ma molto più sostenibile e remunerativa nel tempo.

10) Buy now, save the planet later

Questo ultimo punto è il più controverso, ma cerchiamo di leggerlo con un atteggiamento obiettivo e scientifico: una ricerca di GWI dimostra che in alcuni paesi del mondo, Italia in testa, vi è una forte relazione inversa tra utilizzo del servizio “Buy now, pay later” e disponibilità a pagare di più per prodotti ecologici. Questa correlazione non significa tuttavia causalità, dimostra semplicemente che è una questione di priorità: l’aspetto economico dei prodotti eco-sostenibili non è da sottovalutare. Allo stesso tempo, però, non possiamo lasciare che le sorti del pianeta siano in mano al sentiment dei consumatori: quando si tratta di ambiente, non può e non deve essere la stella polare per le scelte di impatto delle aziende.

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